Location spettacolare, un ministro che si rimbocca le maniche, prende appunti e mantiene promesse, un pubblico di startupper pieni di domande e proposte. In una sola parola, #isday
Dietro la “Serra” di H-farm c’è intensa attività, ormai da giorni. Il cielo è coperto, contrariamente a quanto non sia accaduto 100 giorni prima, ma questa volta nuvole e pioggia non sono legati alla sventura, tutt’altro. Centinaia di piedi calpestano l’erba sotto il tendone montato per la circostanza. Ci si fa spazio tra le sedie, si fa fatica a trovare un posto. Molti restano in piedi.
È l’Italia Startup Day, o semplicemente #isday, che vede la sua seconda edizione a esattamente cento giorni di distanza dalla prima. E se il primo incontro era stato pieno di scetticismo, dubbi, e promesse politiche (di quelle che vengono fatte, ma quasi mai mantenute), oggi Corrado Passera ha dimostrato che quando si prende un impegno, poi è pronto a portarlo avanti.
Apre la conferenza Luca De Biase, raccontandoci cose che già tutti sappiamo. Ci parla del perché siamo lì. Del fatto che innovare in Italia rappresenta una sfida frenata da pastoie non solo politiche ma anche culturali. Ma contemporaneamente ci racconta anche dell’importanza dell’atto di innovare, un’importanza che, tutti noi che siamo raccolti lì, conosciamo perfettamente. L’obiettivo, ci dice, è quello di semplificarci la vita.
Prende presto la parola Alessandro Fusacchia. Inizia proprio dal principio, discutendo dalla scelta del titolo di questo incontro, che vuole essere un augurio per noi, e un imperativo per la politica. RESTART, ITALIA. Poi inizia a a spiegarci la mole titanica di lavoro che si è svolta in questi 100 giorni, poco più di tre mesi, che ha visto 12 membri creare attraverso 8 incontri e una quantità spropositata di email un rapporto di 176 pagine su cosa sia una startup, di cosa abbia bisogno, e quali siano le politiche da adottare.
Il tutto viene messo in evidenza attraverso tre punti, che maggiormente riassumono questi impegni. Primo: ci si chiede come rendere l’Italia un paese dove sia più facile far nascere una startup. Secondo: si mette in evidenza che non si tratta di startup solo digitali (che pure oggi sembrano essere una “moda”, e probabilmente rappresentano una maggioranza relativa), ma sia importante mantenere il focus su tutti i settori. Terzo: le politiche devono essere rivolte a quelle che sono startup che presentino elementi realmente innovativi.
Si crea, quindi, un focus particolare. Quella che emerge in questo giorno non è una politica che incentivi acriticamente l’apertura di nuove attività, magari per avere sgravi fiscali o burocratici particolari. Ciò che preme non è accrescere il volume dell’imprenditoria italiana, ma incrementare esponenzialmente la sua spinta innovativa.
Arriva, infine, Corrado Passera, presentando alcune parti del rapporto nel dettaglio. Ciò che ho trovato maggiormente interessante, personalmente, sono i dati riassuntivi presenti alle pagine 140-141 del rapporto. L’agenda digitale dell’Italia, al momento, è indietro, ma il ministro si aspetta che, entro la fine della legislatura corrente, la maggior parte delle iniziative saranno avviate, quando non persino concluse.
Questo è un punto su cui il ministro ci tiene particolarmente a mettere l’accento. Non si tratta di promesse teoriche per il futuro, ben sapendo che ci sarà un cambio di governo tra pochi mesi. Si inizierà a lavorare alle iniziative, a sua detta, entro fine mese.
Si conclude la giornata con la consueta sessione di Q&A. Il ministro è tranquillo, seduto su una sedia, prende appunti sulle domande che gli vengono fatte, come è solito fare. Ha la buona grazia di non rispondere in “politichese” o in linguaggio giuridico, ma in modo schietto, e comprensibile anche ai non tecnici. Personalmente trovo che la domanda più azzeccata sia quella che ha proposto un ulteriore incontro tra altri 100 giorni, per valutare lo stato dei lavori. E il ministro si è impegnato anche in questo senso. Con la fase di analisi alle spalle, ora ciò che serve far vedere è l’impegno a muovere azioni concrete nell’ambito dell’innovazione e dello sviluppo economico.
Alla fine della conferenza si pranza, in maniera fin troppo abbondante e piacevole, di quelle che distolgono con facilità il pensiero dai problemi che si vivono come innovatori di professione. Tutti parlano amichevolmente tra loro. L’obiettivo sembra raggiunto, e in molti possono ora dire che “io c’ero” in quel giorno in cui, nel nostro piccolo, abbiamo preso in mano il nostro destino e fatto qualcosa di concreto per cambiare, in meglio.